opera di Marcello Mantegazza

Invito all’ascolto

Aniello Ertico
Presidente di Porta Cœli Foundation

 

Per chi è avvezzo alla fruizione delle proposte culturali che si avvalgono del vettore artistico, si profila una necessità sempre più emergente nel nostro tempo: approdare al continuo rinnovamento dell’esperienza di fruizione per evolvere la propria esperienza di dialogo con l’alterità.

Abbiano ormai diffusa consapevolezza circa le dinamiche che connotano il processo creativo. Esse sembrano trovare esiti felici solo qualora allocate fuori dal consueto, oltre il noto, superando il corredo di conoscenza (anche sensoriale) che caratterizza l’esperienza conseguita. Soprattutto, così come avviene nell’ambito scientifico, è proprio il cambio di postura rispetto all’indagine che produce nuovi approdi senza che necessariamente rappresentino un risultato voluto o, addirittura, che s’impongano come verità stabili.

Ancor più vero è che la creatività e l’arte non sfuggono alla necessita di processi di revisione: quel che si esperisce come esperienza al cospetto di immagini, suoni, linguaggi iconici, non è detto che venga a replicarsi al rinnovarsi dell’esperienza. Non è peregrino ipotizzare che l’intero immenso alveo dell’esperienza umana afferente all’arte emani un suono, meglio una frequenza, capace di suggerire interazioni tra ciò che siamo e quel che è oltre noi e oltre i nostri orizzonti cognitivi.

Se così fosse, particolarmente complesso si presenterebbe la nuova frontiera degli intellettuali, degli operatori culturali, degli intermediari tra chi l’arte la produce e chi la fruisce. Si tratta di restituire a costoro una funzione di facilitatori in un processo che altrimenti rischia di non consumarsi spontaneamente: la percezione delle frequenze emesse dalla creatività altrui con risposte di feedback emesse dai fruitori.

In tale senso promuovere l’arte, in generale la cultura umanistica che si nutre di spunti creativi, necessita di un diapason, estensore di suoni a basse frequenze in grado di pervenire ascoltabili.

Proviamo allora a renderci diapason di grandi fotografi, autori di opere che fermano immagini di luoghi e situazioni già massimamente note alla conoscenza visiva del pubblico e, tuttavia, forse ancora non compresi nella rispettiva facoltà di suggerire frequenze nuove, intuizioni trasversali, come diesis aggiunti a spartiti tradizionalmente relegati al classico.

Lo facciamo maneggiando con ogni possibile cura ciascun elemento semantico, rendendolo così non imbrigliato in una qualche griglia precostituita. Ne potrà scaturire un suono non invasivo, magari con ampie pause di silenzio.

Ecco, un invito all’ascolto di frequenze nuove al cospetto di ciò che si immaginava di conoscere già. Se ci pare di poterci almeno provare.